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7

Sacra Rappresentazione della Natività
e della Strage degli Innocenti

    

 

Angela Batoni
Trio

 

 

Voce Angela  Batoni
Violino Matteo Ceramelli
Fisarmonica
Rony Bargellini


Questa «cantata» drammatica, versificata da anonimo sulla classica quartina derivata dai poemi in ottava rima di tradizione sia popolare che di corte, appartiene a quella stessa area geografica e culturale, la Garfagnana, in cui si conserva tuttora il Maggio, altra forma di teatro epico popolare.
In questo caso spiccano da una parte la storia, quasi interamente centrata sulla figura di Erode, insieme punito (della strage degli innocenti) e salvato dal suo stesso dolore (dal fido esecutore dei suoi ordini gli è stato inavvertitamente ucciso l'unico figlio), dall'altra l'esecuzione in forma di «assolo» che interviene sulla «cantata» nel senso di renderla, oltre che più agile ed immediatamente fruibile, più vicina al canto di strada e al narrato popolare.
L'affidare la partitura ad una sola voce e ad un solo attore (in questo caso attrice), che con nudi e stringatissimi accorgimenti scenici muta continuamente di personaggio, condensa il dramma ed esalta la catarsi finale.
In tal modo la sacra rappresentazione diventa altro da quello che fu, ma l'intervento e l'apporto personale del cantore, come del maggiante erano e sono parte costitutiva della tradizione, concepita non in senso meramente archeologico-conservativo, ma di patrimonio vivente.


 

 

Erode

 

O miei scribi e farisei,

qual mi turba alto spavento!

Non ho più pace e contento

son finiti i giorni miei.

  

Credo ormai dentro i confini

sia di Bettelem venuto

quel nemico mio temuto

fra i Giudei nati bambini.

  

Muoia colui che tenta

rapirmi la corona

giura e così ragiona

la  maestà di un re

 

Urizeo                    

Qual pensiero, o re infelice!

Quale editto iniquo e indegno!

       
Malecche
Per salvar la patria e il regno

far di tutto a un re ne lice.

     

Urizeo                   

Ma  se questo tu farai

mille furie avrai  d’intorno

e per tuo maggiore scorno

disperato morirai.

 

Erode                       

O Malecche a te commetto

dell’editto mio la cura

tosto a morte dar procura

ogni nato pargoletto

 

 

Erode

                  

Or mi avveggo dell’errore

dell’eccesso che ho commesso

se cagion fu di me stesso

morir vo’ nel mio dolore.

       

Qual rimedio e qual ristoro?

Qual soccorso, o giusti Dei ?

Son finiti i giorni miei

addio regno! O fidi, io moro.

                   

O miei fidi, o miei vassalli,

miei soldati non più miei

torneranno degli Ebrei

addio scettro, addio cavalli.

 

 

Angelo

 

Sempre paventi l’empio!

L’Epifania rispetti!    

Popoli miei diletti

ci rivedremo in ciel!

 Pelago (Firenze)


RASSEGNA STAMPA

Se il cantastorie si ferma a Pelago - 15/7/1989

Il dramma sacro di Angela Batoni - 4/1/1992